Scrittore e critico d'arte, figura di pensatore, Persico svolse un ruolo di lucida guida intellettuale nella travagliata vicenda dell’architettura moderna italiana. Ideologicamente lontano da architetti come Terragni e Pagano, Edoardo Persico, in quanto convinto antifascista, si trovò a vivere un’esperienza spirituale molto isolata. Nei suoi scritti di critica d’arte furono temi ricorrenti i rapporti fra l’architettura italiana e i movimenti europei, i presupposti dell’architettura moderna e le singole personalità predominanti nel panorama internazionale. Il recente libro di Andrea Camilleri “l’uomo dal bavero alzato”, è dedicato a Edoardo Persico, alla sua vita e soprattutto alla sua morte. Edoardo Persico nato a Napoli nel 1900 morirà nella notte del 10 gennaio 1936 riverso nel bagno della sua modesta casa in piazza del Suffragio a Milano. “È morto ma non aveva nulla di grave”, diceva Petrolini, ma in questo caso l’autopsia troverà il collo spezzato e il fegato spappolato. Andrea Camilleri analizza nella prima parte del libro tutte le testimonianze, le ricerche, i ricordi di chi lo conobbe creando una tela di ragno smagliata, un ordito a cui manca la trama. Come in Rashomon di Kurosawa tutte le verità si contraddicono e si convalidano dentro, appunto, un labirinto. L’istruttoria e il fascicolo rimangono aperti e Camilleri racconta la sua versione, anch’essa, come tutte, plausibile e forse la vera.
Una grande e colta ricerca che svela in parte l’atmosfera poliziesca di “barbefinte” negli anni venti e trenta, di delazioni e di ricatti nel giro degli intellettuali, fascisti e antifascisti, di quegli anni.